Il periodo della gestazione prevede un ricco calendario di esami per la futura mamma. Quello che viene comunemente definito col nome di Diario della Gravidanza in realtà è un’agenda fitta di prelievi ematochimici, test combinati, ecografie, controlli del peso, misurazione della pressione, visite ostetriche. Questi sono i protocolli che solitamente fanno rima con “donna incinta”, purtroppo però c’è un altro monitoraggio, che probabilmente sfugge all’immaginario collettivo, ma che invece bisogna condurre, ovvero lo screening per la violenza domestica in gravidanza.
Le indagini ISTAT dimostrano come la gravidanza sia un periodo della vita nel quale le violenze possono cominciare o intensificarsi. I dati rivelano che per la maggior parte delle donne vittime di violenza domestica la situazione rimane pressoché inalterata anche durante la gravidanza, il comportamento violento dei loro mariti/conviventi resta drammaticamente invariato, per una buona fetta di loro invece le violenze aumentano e per una significativa percentuale le violenze iniziano esattamente con l’avvio della gravidanza.
OSTETRICHE IN PRIMA LINEA CONTRO LA VIOLENZA
In questo quadro poco confortante, le ostetriche possono ricoprire un ruolo centrale per l’intercettazione dei maltrattamenti e degli abusi taciuti. Il primo passo discreto che possono compiere è prestare attenzione ai segnali che potrebbero essere la spia di eventuali maltrattamenti e violenze subite durante e dopo la gravidanza:
- Valutazione dello stato di salute della donna: frequenti lesioni, ferite, fratture, ustioni, infezioni genitali; disturbi psicosomatici, malnutrizione, depressione, etc.
- Valutazione dello stato di salute del feto: parto pretermine, aborto spontaneo, basso peso alla nascita, scarso aumento ponderale, lesioni da trauma materno, ridotto allattamento materno, difficile o assente attaccamento madre-bambino
Qualora la manifestazione di suddetti sintomi coincida effettivamente con situazioni di violenza domestica, il passo successivo consiste nell’instaurazione di un canale comunicativo con la vittima.
Questa, forse, è la fase più delicata, perché se è vero che ci sono delle particolari misure da adottare per gestire casi così difficili, è altrettanto vero che ci sono delle cose da NON fare per non peggiorare ulteriormente la situazione, spingendo inavvertitamente la donna al silenzio e all’isolamento, col rischio di innescare conseguenze ben più spiacevoli.
Nel vademecum che la Dott.ssa Elisa Giusti, Supervisor dei Servizi Antiviolenza della Società Cooperativa Sociale Il Faro, ha sottoposto all’attenzione dell’Ordine delle Ostetriche di Macerata, durante il primo incontro formativo a cura del CAV e SOS Donna, la lista prevedeva due categorie ben distinte:
COSA POSSONO FARE le ostetriche in presenza di una donna vittima di violenza:
- Ascoltarla
- Darle tempo
- Esprimere la propria preoccupazione
- Farle capire che non è colpa sua
- Informarla sul centro antiviolenza
- Informarla sulle risorse del suo territorio
- Accompagnarla fino alle dimissioni e dopo, se possibile
COSA NON DEVONO FARE le ostetriche in presenza di una donna vittima di violenza
- Non farla sentire giudicata
- Non sottovalutare le sue parole
- Non mettere in dubbio quello che racconta
- Non colpevolizzarla se non reagisce come si vorrebbe
- Non pianificare per lei
- Non agire per lei senza il suo consenso
- Non lasciarla sola
Il Faro è da sempre presente dove c’è bisogno, e lo è ancora di più laddove è faticoso esternare il bisogno stesso, in tutte quelle situazioni dove la paura, l’insicurezza e la vulnerabilità della persona bisognosa le impediscono di manifestare la propria condizione.
La violenza sulle donne in gravidanza è un fenomeno sommerso che non si può ignorare e che deve essere affrontato attraverso un protocollo condiviso, con una formazione specifica che insista sulla fiducia, la riservatezza e il rispetto della privacy ambientale nella tutela della salute psico-fisica della madre, del feto e del neonato.