Parlarne è essenziale.
È ciò che ci dimostra il numero delle donne che, nell’arco di tutto il 2023, si è rivolto ai nostri servizi antiviolenza di Macerata, tra CAV e case di rifugio: 273 donne e 11 minori. Un numero che purtroppo è sottostimato, perché tante donne non denunciano e non si espongono, temendo di non essere credute o di perdere la custodia dei propri figli e delle proprie figlie, oltre a tutte le forme di vittimizzazione secondaria.
Ma, parlarne è davvero essenziale.
I dati che i nostri servizi antiviolenza continuano a registrare ci dimostrano l’urgenza di un intervento concreto: da gennaio ad oggi 215 donne accolte nelle case rifugio e 9 minori.
Un fatto che viene confermato dal numero crescente di chiamate al 1522, il numero nazionale antiviolenza e gratuito, attivo 24 ore su 24.
Sensibilizzare la comunità e creare consapevolezza intorno alla tematica è, quindi, fondamentale: è anche grazie ai diversi incontri di sensibilizzazione che svolgiamo nel nostro territorio provinciale che le chiamate al CAV sono sempre più numerose.
I numeri della provincia di Macerata: la donna che si rivolge al centro antiviolenza è, nel 75% dei casi, italiana. La metà di queste donne ha un’occupazione, anche se spesso precaria; l’altra metà è composta da disoccupate, pensionate o studentesse, inattive o in cerca di lavoro. La maggior parte di queste donne dipende economicamente dall’autore di violenza. Un altro dato preoccupante riguarda l’età sempre più bassa delle donne che chiedono aiuto.
Tuttavia uno degli aspetti più grave è il seguente: l’80% di queste donne è madre. Questo dato suggerisce che nella stragrande maggioranza dei casi si ha a che fare con episodi di violenza assistita. Nelle case rifugio, infatti, non vengono accolte solo le donne, ma anche i loro figli e le loro figlie: solo nel 2023 sono stati accolti 11 minori, spesso vittime di violenza diretta o assistita. Inoltre, l’età in cui ragazzi e ragazze iniziano una relazione è sempre più bassa, aumentando di conseguenza il numero delle giovanissime che si rivolgono ai CAV. Le statistiche dicono che le giovani riescono più facilmente a parlare di violenza e a chiedere aiuto, ma l’emergenza rimane. Quello della violenza di genere è un fenomeno che investe tutta la società e che ha radici storico-culturali complesse, e perciò con altrettanta complessità andrebbe affrontato. Per questo la Cooperativa Sociale Il Faro si occupa di formare tutta la rete di figure professionali: sociologhe, psicologhe, avvocate, educatrici, assistenti sociali e volontarie. Un’intera équipe di professioniste qualificate che dal 2015 si occupa di tutte le attività a sostegno della donna, come colloqui di accoglienza, percorsi di fuoriuscita dalla violenza, assistenza legale, gruppi di auto mutuo aiuto.
L’obiettivo è far uscire la donna dall’isolamento in cui la violenza maschile l’ha costretta. Quindi negli anni si è costruita una rete di soggetti pubblici e privati che ci permette di creare opportunità di scambio, di formazione, occasioni lavorative e di welfare sociale.
Marcello Naldini, Presidente della Cooperativa Sociale Il Faro, sottolinea: “Quando Profit e No profit collaborano per affrontare le sfide sociali più drammatiche, a beneficiarne è soprattutto la comunità. Il nostro desiderio è quello di continuare a creare e a nutrire progetti e servizi che possano sottrarre le donne dalla spirale di violenza e aiutarle a riprendere in mano la propria vita.”