Il laboratorio di teatro per stimolare memoria e emozioni nelle persone anziane

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Il teatro, si sa, è uno strumento potente.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare, e conoscere un po’ più da vicino, Donato Donatiello, detto Dino. Dino è un infermiere, ha una formazione teatrale ed è il fondatore dell’associazione “TurboLento Teatro”. Ha lavorato soprattutto con giovani delle medie o delle scuole superiori, ma quest’anno ha portato l’arte del teatro nella Casa di riposo Comunale di Montefano grazie ad A. N. C. O. R. A. (Anziani Condividono Opportunità Ricreative e di Animazione), con il laboratorio “Raccontarsi per non perdere la memoria”.

Un progetto, quello di A. N. C. O. R. A., sostenuto con i fondi otto per mille della Chiesa Valdese e pensato per dar valore alla quotidianità, “dar vita agli anni”, contribuire al benessere psico-fisico delle persone anziane e contrastare l’isolamento socio-affettivo.

Progetti come questo sono l’espressione di questo nostro desiderio: che le persone anziane possano tirar fuori la loro individualità ed esprimere appieno le loro attitudini.

Dino, puoi parlarci di cosa accade e com’è stato pensato il laboratorio di teatro?

Grazie alla mia esperienza di infermiere nelle case di riposo, ho potuto toccare con mano il mix di sentimenti quali frustrazione e malinconia che provano gli anziani, che spesso vivono la giornata scandita dalle attività della struttura come una serie di pratiche da espletare per arrivare a sera.

Non si tratta solo del fatto che hanno una certa aspettativa di vita… È che non si aspettano altro, se non tirare avanti fino alla fine della giornata. E questo è un peccato, è un peccato non avere un minimo di prospettiva. Credo che per loro essere testimoni di qualcosa, anche di qualcosa che è stato, sia un modo per dare un senso alla loro esistenza.

“Raccontarsi per non perdere la memoria” nasce proprio per questo motivo: per dare loro un motivo che dia un senso alle loro giornate.

Non è semplice conferire un’idea e dare una forma teatrale, perché ovviamente con gli anziani è complesso… C’è l’utente con problemi di udito, quello che vive meno serenamente il fatto di stare in una casa di riposo, chi non riesce spesso a partecipare a causa dei malanni fisici. Non tutti gli ospiti quindi riescono a seguire questo laboratorio, perché ci sono anziani allettati. Ma sono felice di vedere che partecipa anche chi ha forme di demenza o Alzheimer. Qualcuno di loro riesce davvero a partecipare in maniera attiva.

Poi una cosa bella è che questo laboratorio è iniziato che per loro era quasi una sorpresa: io ero Dino l’infermiere, mi conoscevano per quello. Accade questo: ogni lunedì, ci mettiamo in cerchio, la maggior parte di loro sta su una sedia a rotelle. Il percorso l’ho incentrato sulla memoria loro, sulla loro vita, su ciò che hanno passato: raccontano com’era il loro paese, come si viveva, e li lascio andare nelle direzioni che preferiscono. Ci sono momenti in cui si parla della guerra e ognuno di loro racconta di un pezzettino della loro storia. Perciò partiamo dalle loro testimonianze, dalle loro memorie.

Il laboratorio è anche e soprattutto un pretesto per aiutarli… Pensiamo al lavoro sulla memoria per cercare di rallentare il decadimento cognitivo.

Sì, raccontare e raccontarsi è un ottimo esercizio mnemonico. Poi si conoscono meglio tra di loro, è un momento che aiuta a fare comunità.

I loro racconti ci aiutano anche a scoprire di più e capire qual è il senso della nostra presenza lì.

Pian piano ho visto che questo spazio è da loro desiderato; attendono il lunedì perché sanno che c’è il laboratorio. Me ne sto rendendo conto perché prima raccontavano poco, si aprivano meno, mentre ora raccontano episodi che prima non volevano condividere o forse nemmeno ricordavano… C’è anche un discorso di allenamento mnemonico, sicuramente.

Ti accorgi di quanto hanno bisogno di essere ascoltati. Ma non perché c’è un progetto teatrale, un laboratorio, un’attività da fare, ma perché mi interessa davvero quello che hanno loro da dire. Se loro vedono in te questo interesse, si aprono.

In questa esperienza, che cosa attingi dall’arte del teatro e della recitazione? Che cosa hai portato, in questo laboratorio, della tua esperienza come regista?

Innanzitutto la mia capacità di gestione di un gruppo e il saper essere autorevole, non autoritario. E poi la capacità di cogliere quello che non ti dicono. Ognuno di noi erige un qualche tipo di muro o difesa… Compito del regista o di chi conduce il laboratorio è cercare di abbassare queste barriere, così che possa emergere quello che c’è davvero dentro. E allo stesso tempo deve saper creare uno spazio, all’interno del gruppo, in cui la persona che abbassa le difese non si senta giudicata.

Non è facile. Poi abbiamo a che fare con gli anziani, e quindi con un’altra tappa generazionale.

Immaginati di parlare con qualcuno che vuole intraprendere questa professione. Che cosa gli consiglieresti? Che cosa gli diresti?

Devi avere passione, deve piacerti la relazione, deve piacerti il voler conoscere ciò che ha da dire l’altra persona. Io sono convinto che ogni persona può darti tanto: anche chi sembra non abbia nulla da dire o che magari ha vissuto una vita che ai nostri occhi potrebbe sembrare poco interessante… In realtà, dai loro racconti, vengono fuori delle cose molto, molto belle. A volte tristi, ma comunque preziose.

Accettazione di chi hai davanti, per passare un bel momento insieme e provare a tirar fuori delle cose.

Al di là del teatro, l’empatia secondo me è imprescindibile. La tecnica si impara, e si può migliorare, ma se non si ha empatia non si dovrebbe lavorare e stare a contatto con le persone. L’aspetto emotivo e relazionale è fondamentale e deve procedere di pari passo con la cura della persona. Hai davanti un individuo unico, che ha tutto un suo vissuto, e ci vuole attenzione alla persona, e rispetto per lei e per i suoi tempi. E questo vale ancora di più in un ambito in cui sono in ballo le emozioni. Quando lavori con le persone, devi saperti denudare spiritualmente e mostrarti per ciò che sei. Con questo laboratorio hai davanti una persona che vuoi ti racconti la sua vita, quindi devi far in modo che si fidi di te. E davanti ai loro racconti, è importante saper poi raccoglierli con cura, con considerazione e rispetto.

Penso che quando finirà il laboratorio, ne sentiranno la mancanza.

Una casa di riposo non è un parcheggio per persone anziane. Cosa pensi di questi programmi di animazione, ricreativi, di dialogo, di confronto?

Che non sono mai abbastanza! La relazione con loro dovrebbe avere uno spazio, che sia con un laboratorio di teatro, di bricolage o in giardino… È importante coltivare i momenti di relazione. L’aspetto relazionale è la cosa che mi piace di più del mio lavoro.

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