(Intervista anonima)
Nome d’arte: “Angelo Custode”
Professione: Assistente domiciliare
Da quanto tempo lavori come operatrice socio- assistenziale?
Ormai sono 19 anni. Allo stato attuale mi occupo prevalentemente di persone anziane, in passato ho assistito anche persone più giovani con disabilità.
Come mai ha scelto di esercitare questa professione?
Sono sincera, mi sono orientata verso questo tipo di occupazione perché ti offre la possibilità di lavorare in ambienti diversi, è un lavoro distribuito tra i vari domicili degli utenti, due ore sei al servizio presso la casa di una persona e l’ora successiva sei a prestare servizio dall’altra parte della città (anche se con l’avanzare dell’età, questa mobilità diventa un po’ più faticosa da sostenere). Il lavoro dell’assistente domiciliare ti permette di misurarti con situazioni sempre differenti, per intenderci non è caratterizzato da una routine monotona come quella che, invece, scandisce le giornate all’interno delle case di riposo, dove le attività sono più ripetitive e il ritmo più regolare. Sostare troppo tempo nello stesso posto non fa per me, forse perché da piccola sono stata cresciuta in collegio!
Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Indubbiamente il contatto con le persone, il rapporto umano che si riesce ad instaurare e che a volte perdura oltre l’impiego al loro fianco. Mi è capitato di assistere una ragazza con disabilità intellettiva, madre di 3 bambini, e, anche dopo aver concluso il servizio presso il suo domicilio, ha continuato ad inviarmi gli auguri per le varie ricorrenze, siamo rimaste in contatto per tanti anni. Mia nonna diceva sempre “Tu vai nelle case della gente, è lì che succedono le cose”, ed effettivamente non aveva tutti i torti, l’assistente domiciliare diventa una presenza costante all’interno della sfera più intima della famiglia, una parte integrante. Ecco perché è importante che ci sia completa sintonia tra utenza e operatrice, una compatibilità che viene garantita grazie alla possibilità di richiedere l’eventuale assegnazione di un’altra operatrice/ o di un altro utente quando questa intesa non viene a crearsi.
Ti va di condividere un episodio che ha connotato piacevolmente tutti questi anni di servizio?
Di momenti belli ce ne sono, però quello che mi è rimasto più impresso è stato quando un signore tetraplegico mi disse: “Se il primo giorno che sei venuta ad assistermi mi fossi lasciato ingannare dalla prima impressione e avessi chiesto la tua sostituzione, avrei fatto un errore grossissimo“. Mi ha strappato un sorriso il fatto di sapere che sulle prime non gli andavo a genio, ma mi ha fatto estremamente piacere apprendere che si è trovato benissimo affidato alle mie cure.
*La cosa non mi sorprende, in fondo sei un “Angelo Custode” che circola in borghese! (NdR)
Gli aspetti negativi del tuo lavoro?
Chiaramente non si tratta di un mestiere semplice, è molto distante dall’immagine ingannevole dell’operatrice beatamente seduta accanto alla persona anziana. Purtroppo ti trovi a dover fare i conti con l’aggressività imprevedibile di soggetti con disturbi mentali, oppure a dovere affrontare la scarsa o, addirittura, nulla collaborazione di utenti che per esempio si rifiutano di fare l’igiene personale, etc. Altre volte, invece, ti trovi a dover subire “l’abuso di potere” dei familiari, i quali ti commissionano operazioni che non sono di tua competenza, magari obbligandoti a svolgere lavori pesanti e pulizie straordinarie.
Qual è il segreto per una simile “longevità” di servizio?
Possedere tanta empatia, pazienza e amore per il prossimo. Senza questi ingredienti la missione dell’assistente domiciliare è destinata ad arrestarsi anzitempo, perché bastano le prime difficoltà a smontare tutti i buoni propositi e spezzare le eventuali illusioni. Per quanto risulti essere un mestiere molto gratificante a livello umano, dal punto di vista psico-fisico è tutt’altro che facile.
In conclusione, che cosa abbiamo imparato dopo tanti anni schierati dove c’è bisogno?
Che i nostri operatori e le nostre operatrici sono tutte persone speciali prima ancora di essere qualificate.
Questa verità è ancor più vera quando applicata agli assistenti domiciliari. Non c’è corso professionalizzante o specializzazione che possa conferire quella dose innata di empatia, quella propensione ad aiutare il prossimo, a prendersi cura dei bisogni dell’altro, a comprendere le sue necessità e, addirittura, anticiparle.
Si tratta di una qualifica che scorre nelle vene prima ancora di intraprendere qualsiasi percorso professionale mirato.