“Quando insegni, cerca di ascoltare;
quando ascolti, cerca di comprendere;
quando comprendi, cerca di pensare;
quando pensi, cerca di dare;
quando dai… Dai te stesso”.
Prof. Fulvio Rusticucci
Il Metodo Rusticucci, nato nel 1979 a Roma grazie all’intuizione del prof. Fulvio Rusticucci, è una vera e propria filosofia di vita, che valorizza le caratteristiche uniche della persona, per permetterle di scoprire le proprie capacità creative, esprimere il proprio talento naturale e accrescere curiosità e rispetto per l’altro da sé.
Grazie al contributo nostra Cooperativa Il Faro, “Metodo Rusticucci APS” ha diretto a livello pedagogico attività di animazione e stimolazione artistico-cognitiva nelle nostre Residenze per Anziani: la musica è, secondo questo metodo rivoluzionario, uno strumento educativo fondamentale che è parte della vita di ognuno di noi, un veicolo per l’ascolto, la comprensione, la riflessione e il dono di sé, l’occasione per accompagnare e rispettare le persone anziane e conoscere e far fiorire i bambini e le bambine, ma anche gli individui di tutte le età.
Per conoscere un po’ il celebre Metodo, abbiamo intervistato l’ideatore, Fulvio Rusticucci, chitarrista, compositore, musicoterapeuta, esperto di didattica e tra gli autori dell’Albero Azzurro, il celebre programma educativo Rai.
Da Fulvio abbiamo da subito captato la meraviglia, quella che può – e dovrebbe – scaturire da ogni momento semplicemente perché viviamo, e la felicità, che è possibile sperimentare capendo, apprezzando e amando noi stessi e ciò che ci piace fare. Approfondendo il Metodo, e attraverso le parole di Fulvio Rusticucci, capiamo che il mondo dell’infanzia è un universo da cui dovremmo attingere continuamente, per condurre nella nostra quotidianità un po’ di sana ingenuità. I bambini e le bambine possiedono un’incredibile capacità di analisi, immaginazione e fantasia. Più che un Metodo, quello di cui abbiamo parlato con Fulvio sembra piuttosto un modo di vivere, di vivere davvero, e di guardare se stessi e il mondo che ci circonda.
“Il Metodo Rusticucci, – si legge sul documento ufficiale delle indicazioni nazionali – attraverso la cura della relazione tra educatore ed educando, mostra la sua efficacia nell’accompagnare la persona in crescita in un percorso di autonoma conquista di tutti gli strumenti cognitivi, emotivi e relazionali. Tale metodo di avvale della musica quale strumento educativo per il raggiungimento degli obiettivi pedagogici, mettendo in risalto la funzione interdisciplinare della musica: non solo si dà l’opportunità all’educando di conoscere la musica, […] ma offre all’educando proficue occasioni di sperimentare se stesso e le proprie abilità e, non di rado, di scoprire il proprio talento, qualunque esso sia.”
Fulvio, se pensiamo alla definizione di “metodo”, si ha l’idea di qualcosa da imparare e poi, in qualche modo, da riproporre… Che cos’è il Metodo Rusticucci?
Mi piace definire il metodo Rusticucci un contenitore di idee e di proposte, perché sì è un metodo, ma si basa su una novità che permette al metodo stesso di rinnovarsi con ogni incontro, con ogni persona. Perché il metodo, alla fine di tutto il percorso, dice: “Quando dai…. Dai te stesso”. Questo significa che il metodo si rinnova e mi rinnovo ogni volta anch’io. Perciò è un contenitore che si rinnova. E, anche se non ci viene richiesto dal Miur, ogni anno tutti i nostri collaboratori si devono abilitare al metodo, anche perché ci sono sempre nuove proposte, nuove ricerche, nuove soluzioni. Questo metodo nasce tanti anni fa: io sono di Roma e ho studiato musica al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma. E quando ancora ero ragazzo mi appassionava tantissimo l’utilizzo della musica oltre l’arte, la musica come comunicazione. Se oggi andiamo a ricercare la definizione etimologica della parola, la musica è “l’arte dei suoni”. Invece per il nostro metodo la musica è “la comunicazione dei suoni”. E da una mia idea, che voleva portare benessere a bambini e a bambini, è nata poi una ricerca che ancora oggi continua a rinnovarsi.
E tutta la nostra indagine si è basata su quest’idea: l’importanza di far fiorire ogni essere umano dal di dentro, perché ogni essere umano ha i propri carismi, talenti e peculiarità. Ecco allora che l’elemento ispiratore del metodo è questo: “Quando insegni, cerca di ascoltare”.
Non solo ascoltare musica, quindi, ma una vera e propria arte di ascoltare? Un’attenzione all’ascolto…
Esatto. L’ascolto è un tema che mette in difficoltà docenti, educatori, educatrici. Perché ognuno di noi oggi, anche negli studi universitari, parte dal presupposto “Io so, io ti do, io voglio trasmetterti la mia esperienza…”, da genitore, educatore e così via. E questo concetto è l’educazione del fare, purtroppo ancora oggi è molto diffusa. Dico purtroppo perché, nella cultura attuale, che si basa sull’educazione del fare, i bambini non sono portati minimamente a scoprire chi sono, ma a scoprire cosa sanno fare. Ed è qualcosa che sradica completamente il pensiero dell’essere. Invece ognuno di noi è diverso da chiunque altro, e questa unicità va valorizzata. “Tu chi sei?” deve diventare una domanda fondamentale, per cui tutta la ricerca deve esplorare e scoprire chi è “l’altro”. Per scoprire chi è l’altro non è possibile partire dal presupposto “io so che tu non sai”.
Nella classica comunicazione abbiamo tre elementi: il mittente, il messaggio e il fruitore, ovvero il destinatario. Questa comunicazione prende il via dal mittente, che può essere il genitore, l’educatore, l’insegnante. Il messaggio educativo è l’esperienza dell’educatore che viene poi passata al bambino (o la persona anziana, l’individuo in generale), cioè il destinatario.
Se andiamo ad analizzarla, capiamo che è una comunicazione che porta disastri: molti dei problemi che noi vediamo, come l’abbandono degli anziani, il bullismo, le baby gang, sono causati da questo tipo di comunicazione. Perché in questo paradigma io non mi preoccupo di chi sei tu. Mi preoccupo di quello che tu devi fare partendo da chi sono io, non da chi sei tu.
Questa è una comunicazione che si allontana da tuo figlio, da tua figlia. Il rischio è di far crescere i nostri figli senza aiutarli di scoprire chi sono, senza permettere loro di capire qual è il loro talento. A 18 mesi, un talento è completamente fiorito, è un fiore tutto da conoscere.
E qual è la comunicazione nel Metodo Rusticucci?
La comunicazione del metodo parte dal bambino, per cui al primo posto non c’è il mittente, ma c’è il bambino, o l’anziano, il destinatario. Ecco, questa è la comunicazione che dobbiamo attuare, in cui al centro non ci siamo noi come mittenti, ma il bambino. Ed è il bambino che dobbiamo ascoltare: il nostro ruolo ha una grandissima importanza e responsabilità, perché dobbiamo essere capaci di ascoltarlo, saper capire un suo gesto, pianto, stimolo.
Il Metodo Rusticucci ci insegna questo: a prendere per mano i bambini e a crescere insieme. Perché quando un essere umano fiorisce, cresciamo anche noi attraverso di noi. Qui noi riusciamo a capire chi sei tu, come individuo unico e irripetibile. Ecco, questa è la provocazione che abbiamo introdotto nel 1979, ed è rivoluzionario, perché basta cambiare il punto di vista della comunicazione.
Nella società odierna, un bambino deve annullare completamente tutta la sua fantasia, tutta la sua creatività, tutta la sua immaginazione e inserirsi in un contesto competitivo. Il nostro Metodo, invece, parte da ciò che c’è di più fondamentale nei confronti di chiunque altro, ovvero il rispetto. Ancor prima dell’amore, c’è il rispetto. Anzi, non può esserci amore senza rispetto. L’amore senza rispetto non ha nessun significato, è un amore errato, morboso. Ecco, pensiamo a due innamorati: senza rispetto, non è amore, ma senso di proprietà. Ecco quello che dovremmo insegnare, a insegnanti e genitori: per conoscere tuo figlio, prima di tutto lo deve rispettare.
Ma un genitore cosa vuole per suo figlio? Vuole che sia felice, che si realizzi, che sia autonomo… Io devo scoprire il tuo talento. Oggi ci sono persone che sono cresciute senza scoprire il proprio talento, per cui sono infelici. Il Metodo ci insegna questo: che possiamo testimoniare la nostra felicità, che tutto sommato è data dal poter vivere ognuno il proprio talento. Ed è alle nuove generazioni che dobbiamo rivolgerci, per costruire futuri migliori. Oggi noi cosa vogliamo insegnare a un bambino? Siamo nascosti dalle maschere che siamo soliti indossare tutta la vita. Non riusciamo più a essere noi stessi. Il bambino è invece oro puro. La chiave è questa: capire che la felicità è essere noi stessi, con la nostra peculiarità, il nostro talento.